Lezioni di business da 5 stilisti che hanno fatto la storia della moda

Qualche spunto per aiutarti a creare il tuo marchio di moda
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Coco Chanel è una referenza nella moda e Karl Lagerfeld lo sa. Se ogni stagione, tutti aspettano lo show fastuoso che crea, sembra che il creativo Tedesco si diverta di più a raccontare la storia della vita di Coco Chanel attraverso cortometraggi che continuano a fare di lei un vero mito. Ma se pensiamo di conoscere Coco Chanel, non possiamo dire lo stesso della sua carriera di businesswoman. E’ da questo punto di vista che voglio presentarvi qualcuno fra i designer che hanno fatto la storia della moda. Invece di farvi un riassunto della loro vita, l’idea è quella di capire il loro approccio al business e allo stesso tempo, individuare le qualità richieste per essere stilista. Glam Observer è una piattaforma dedicata ad aiutarvi a trovare la vostra strada nella moda e la carriera di fashion designer non è diversa dalle altre. Richiede duro lavoro, creatività e un buon senso degli affari. Un aspetto del mestiere che i social media tendono a cancellare perché è diventata una professione molta esposta. Ecco quindi una lista di famosi stilisti con carriere e vite interessanti da studiare per aiutarvi a creare il vostro marchio di moda.  

 

  • Paul Poiret, il genio creativo

 

Paul Poiret è uno dei stilista del Novecento più sottovalutato. è il vero pioniere che ha incorporato il concetto di lifestyle alla moda. E’ stato il primo designer a creare la sua fragranza seguito da una linea di profumi, chiamata Rosine come la figlia. Però’ non si è fermato li’. E’ stato anche lui a fare delle decorazioni d’interni una componente dell’alta moda. E per ultimo, è stato proprio lui ad aver introdotto i trunk show.

Paul Poiret ha posto le fondamenta delle case di moda di oggi, cioè delle aziende con una proposta variegata di prodotti non solo diretti ai più agiati. Proprio come le sue creazioni all’epoca, ha creato un business model mai visto prima permettendogli di incrementare le sue entrate grazie alla diversificazione della sua offerta.

Perché allora pochi si ricordano di lui ? Malgrado il suo genio creativo, Paul Poiret non era un bravo businessman. Una personalità con un carattere esagerato, ha reinvestito tutti i soldi in feste carissime invece che nella propria azienda, il che lo ha portato alla bancarotta. Con l’arrivo della Prima Guerra Mondiale, le sue creazioni ispirate all’orientalismo iniziano ad apparire fuori dal tempo e dal contesto. La sua incapacità di adattarsi ai nuovi tempi ha contribuito a dare il via al successo di una certa Gabrielle Chanel.

  1. Coco Chanel, una donna del suo tempo

Contrariamente a Paul Poiret, Coco Chanel non è rimasta prigioniera di un trend. Prima cappellaia, è stata veloce a capire che la guerra stava cambiando il modo di vestire delle donne. Se Poiret si definiva lo stilista che ha liberato la donna dal corsetto, Chanel ha fatto di più, le ha dato indipendenza. Lavorando per sé stessa, quando le donne erano solo definite dal loro ruolo di sposa e madre, aveva uno stile di vita unico per i suoi tempi. Per questo, quando la Prima Guerra Mondiale scoppio’, lei divenne quella in grado di capire quelle donne i cui padri, mariti o fratelli erano andati al fronte, perché sapeva cosa significava mantenersi da sola.

Dando alle donne dei vestiti confortevoli in cui potevano lavorare, cambio’ il ruolo della donna nella società.

Una persona brava negli affari sa osservare cosa sta succedendo attorno a lei e colpire al momento giusto. Ed è questo che Coco Chanel ha fatto. Oggi parliamo tanto di personal branding pero’, penso che sia proprio lei ad aver introdotto il concetto. Chanel non capiva le donne, era una donna. Questo contribuì a rendere il modello del suo business unico all’epoca: incarnava il suo brand del quale era lei ad essere la sua miglior pubblicità.

  1. Yves Saint Laurent e Pierre Bergé, il duetto vincente

Ho scelto di parlare di questi due uomini perché hanno contribuito tanto al mondo della moda insieme. Se Coco Chanel ha avuto qualche mecenato che l’ha supportata durante la sua carriera, Saint Laurent e Pierre Bergé incarnano l’immagine di una business partnership vincente nell’industria della moda. Si pensa spesso che Pierre Bergé aveva il controllo su Saint Laurent nella vita e nel lavoro, ma voglio contestare questa idea.  In un’azienda se la mente creativa non ha una visione chiara del brand, la strategia ne soffrirà.

Quando Yves Saint Laurent lascia la Maison Christian Dior, ha in mente di creare un marchio accessibile ad una clientela più giovane contrariamente alla haute couture. E’ il periodo di nascita di un prêt-à-porter che democratizza la moda. Il concetto contribuì a fare di Saint Laurent un marchio moderno e unico all’epoca. Nasce cosi’ Yves Saint Laurent RIve Gauche.

I due uomini iniziarono il loro business grazie ad un Americano – convinto da Pierre Bergé –  che investì $700,000 nel nuovo brand. Per quanto riguarda il team, è ancora una volta Pierre Bergé che convince ex-colleghi di Saint-Laurent, incontrati da Dior, a seguirli. Le amicizie sono importanti nella moda ma se avete un business plan, è ancora meglio. Ed era proprio quello il lavoro di Pierre Bergé: proporre un business plan convincente.

  1. Gianni Versace, il pioniere

Quest’anno abbiamo tutti visti Carla Bruni, Naomi Campbell, Claudia Schiffer, Cindy Crawford e Helena Christensen chiudere la sfilata di Versace al suono di Freedom!’90 di George Michael – ricordando che Gianni Versace fù uno dei stilisti più famosi degli anni 90. Originario di Reggio Calabria, è sin da bambino che Gianni impara le basi della moda nel negozio di sua madre. A 18 anni, lei lo manda come buyer attraverso l’Europa e assiste così a tante sfilate.

Come Paul Poiret, il giovane Gianni è un genio che inizia a creare vestiti a 22 anni. Ma contrariamente allo stilista francese, guarda al futuro invece del presente e sfida i codici della moda lavorando con materiali che pochi usano all’epoca. è il primo a fare una collezione tutta in cuoio. Il suo lavoro con le stampe è anche unico. Fino a Gianni Versace, nessuno aveva mai usato più di cinque tinte su un tessuto perché richiedeva un savoir-faire ed una tecnicità particolari. La sua creatività e soprattutto, il suo approccio sperimentale, sono ciò che lo hanno portato al successo.

Però non era solo un genio creativo. Cosciente che stava avviando un’azienda, con suo fratello Santo – un ex-consulente nel management – creano Versace nel 1976. Donatella si aggrega poi nel 1978. Benché la moda sia la sua passione, è importante notare che per continuare ad essere al meglio della sua creatività, Gianni ha bisogno del supporto di Santo e Donatella. Penso che sia importante quindi guardare Gianni Versace come un creativo che ha deciso di delegare alcune mansioni per concentrarsi su quello che fa meglio: creare vestiti.

  1. Giorgio Armani, l’uomo d’affare e di stile

I capelli bianchi, gli occhi blu acciaio e la sua divisa nera o blu scura rappresentano lo stilista italiano, così come i suoi abiti amati da tante celebrità. Nei suoi 42 anni di carriera, ha rivoluzionato il vestito più classico ed elegante al mondo, provando che si può diventare una forza della moda prestando attenzione ai dettagli. Se tutto è iniziato creando abiti per uomini, uno dei suoi più grandi successi è stato quello di crearne dei perfetti per le donne.

Dopo aver studiato medicina per tre anni, Mr Armani ha iniziato a lavorare come vetrinista dalla Rinascente per poi diventare stilista per Nino Cerruti. E’ Sergio Galeotti che lo incoraggiò a creare il proprio marchio nel 1975. Fino alla morte di Galeotti nel 1985, lui si occupava della parte business, mentre Giorgio Armani curava il lato creativo. Dopo la sua morte, Armani ha dovuto prendere le redini anche della parte business imparando a comunicare con avvocati e addetti stampa. Un processo di adattamento che non è stato facile per lo stilista. E’ importante notare che, sia per la parte creativa che quella business, Giorgio Armani non ha ricevuto un’educazione formale per nessuna. Ha iniziato quel lavoro quando era quarantenne quindi ha imparato tutto sul campo. Questo dimostra che l’età importa poco se si ha un obiettivo chiaro.

Più che una moda, Armani è uno stile, e lo stilista crede veramente in quel concetto. Se alcuni l’hanno criticato per la sua mancanza di innovazione, Armani è diventato un vero uomo d’affari. Ha creato Emporio Armani per raggiungere un pubblico più giovane mentre ha espanso la sua idea di stile con Armani Hotels – una catena di alberghi di lusso creata in partnership con Herrera Global nel 2005. L’hospitality non è moda, però l’interior design è intrinsecamente legato alla nozione di stile. L’arte del bello non è solo la moda, ma include ogni aspetto della nostra vita e Giorgio Armani, come Paul Poiret, lo ha capito e ne ha tratto vantaggio.

 

Che altre lezioni di business vi hanno insegnati i vostri stilisti preferiti? Condividetele nei commenti!

 

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