Fashion Blogger o Influencer? Ho guardato due serie per aiutarti a scegliere chi vuoi essere

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Era il 2014 quando Margaret Zhang – una delle mie blogger preferite – annunciò’ che avrebbe partecipato a Fashion Bloggers. Lei era, con altre quattro colleghe australiane, protagonista di una serie sul blogging. Margaret, 21 anni all’epoca, era già il simbolo della creativa multidisciplinare. Fotografa fantastica dotata di un vero talento per la scrittura, la giovane donna aveva anche sul curriculum esperienza nell’art direction e nello styling – tutto ciò’ studiando giurisprudenza all’Università di Sydney.  

Se una parte di me guardava il programma per Margaret, non posso nascondere che ero anche curiosa di scoprire il lavoro di blogger offline.

A parte Margaret Zhang, il casting della serie includeva la modella diventata fotografa Zanita Whittington, l’ex-pittrice Amanda Shadforth, la giornalista Kate Waterhouse e l’esperta digital Sara Donaldson. Dunque cinque donne con uno stile diverso e un modo loro di approcciare il blogging. Il reality di otto puntate si apriva sempre su una tematica particolare a cui ogni blogger dava una definizione. Il programma era interessante perché si focalizzava sul come ogni ragazza – pur essendo tutte fashion bloggers – collaborava con i brand. E non si trattava mai di postare un outfit sponsorizzato sui loro social o blog. Mentre Margaret stava facendo da guest buyer per MatchesFashion.com alla New York Fashion Week, Samantha invece era rimasta in Australia per concentrarsi su qualche progetto segreto. Dall’altra parte, Sara collaborava con Tony Bianco – uno dei designer australiani più noti – su una collezione di scarpe, mentre Kate si occupava di un evento matrimoniale. Quanto a Zanita, era sempre con la macchina fotografica a scattare per vari brands durante tutta la serie.

Non so se qualcuno ce l’aveva contro Zanita, però mi è piaciuto vedere che il team di E! non ha editato i suoi momenti di stress con una modella malata e un meteo orrendo. Invece li hanno usati per dimostrare quanto un creativo debba sempre essere pronto al peggio per poter produrre un lavoro di qualità.

Andiamo avanti nel 2017. Sono sempre appassionata di blogging e dal nuovo genere di geni dell’internet: gli influencers. Quando ho scoperto che Eleonora Carisi partecipava ad un reality sull’argomento, non potevo non guardarlo. Volevo capire cosa fosse un influencer e come era il fenomeno in Italia. Ho vissuto per cinque anni a Bologna e quando ho lasciato il paese, Chiara Ferragni era l’unica blogger che aveva lo status di influencer ancora prima che la parola venisse inserita nel dizionario del blogging. Adesso nel 2017, mi trovo a guardare Eleonora Carisi, Candela Pelizza e Paolo Stella condividere le loro vite non più nei rettangoli di Instagram ma sullo schermo della TV con il programma The Influencer.

Mi è venuto da sorridere quando è iniziata la serie. La prima puntata si apriva sulla voce di una narratrice che diceva: ‘Sui social sono delle vere e proprie star, hanno il potere di orientare i gusti, creano mode e definiscono le tendenze ma, soprattutto, fanno sognare i loro followers con le loro vite straordinarie.’ Subito dopo si vedevano Paolo, Candela ed Eleonora posare di fronte ad un’armata di fotografi. Per quanto l’inizio mi è apparso drammatico, la loro onestà mi ha sorpresa. Anche prima di descrivere cos’era un influencer, tutti e tre hanno riconosciuto di vivere una vita fatta di privilegi. Viaggiare nel mondo, essere invitati a sfilate, ricevere regali ed avere a disposizione brand che prestano bellissimi vestiti – sono ben consapevoli che le loro vite non hanno niente di ordinario. E infatti Paolo Stella afferma il fatto di essere seguito come se [ fossero] delle rock star è che non [sono] delle rock star’, dimostrando che la loro forza è di far credere ai loro followers che anche loro potrebbero vivere questa vita. Contrariamente a Fashion Bloggers, c’erano pochi momenti in cui gli spettatori venivano invitati a scoprire cosa c’era dietro le quinte del loro lavoro. Peroò anche se questa parte mancava, erano sempre pronti a spiegare come facevano da ambassadors per i brands e cos’era il loro lavoro. Un’altra cosa che mi è dispiaciuta è che Paolo ed Eleonora non hanno descritto come Grumble – la loro agenzia creativa – era il risultato di tutte le loro esperienze vissute da influencers.

Fashion Bloggers e The Influencers sono state due serie interessanti per scoprire il funzionamento del mondo del blogging. Penso che entrambe mostrano le specificità del blogging a seconda del continente. Se in Australia, le ragazze erano più concentrate sul perfezionamento delle loro varie capacità, non era la stessa cosa in Italia. Sebbene un trio intelligente per aver raggiunto quel livello di fama, c’era un elemento glamour che velava i talenti di Paolo, Eleonora e Candela. La maggior parte della serie era focalizzata sulla settimana della moda di Milano e i vari eventi in cui erano invitati. Nonostante ciò, ho apprezzato la loro schiettezza a proposito dell’importanza delle relazioni e del networking in quest’industria. Una cosa che non ho visto nel programma australiano, quando si sa che nel mondo della moda tutto è una questione di contatti. La serie Fashion Bloggers mi ha apportato degli insegnamenti che ho potuto applicare, mentre non è stato il caso con The Influencer che mi è apparso più esplicativo che didattico.

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